Che cos’è il radon?
Il radon è un gas radioattivo (tempo di dimezzamento di 3,8 giorni) di origine naturale che si forma nel terreno per il decadimento radioattivo dell’uranio presente nelle rocce.
L’isotopo radon (Rn-222) è uno dei prodotti radioattivi della serie di decadimento dell’uranio-238 e la sua caratteristica è di essere l’unico elemento in forma gassosa di questa serie. Il radon può dunque, a differenza degli altri elementi solidi, essere sprigionato dalle rocce, diffondere nel terreno ed essere quindi inalato negli ambienti di vita.
Negli ambienti chiusi, soprattutto in locali a contatto con il terreno, il radon può concentrarsi raggiungendo concentrazioni anche molto elevate in caso di ridotto ricambio d’aria. Il radon penetra nelle case attraverso crepe, fessure o punti aperti delle fondamenta. Le abitazioni nei seminterrati o al pianterreno sono particolarmente interessate dal fenomeno.
Il potere d’emanazione non dipende solo dal contenuto di uranio, ma anche dalle caratteristiche del terreno.
Chimicamente il radon è un gas nobile, incolore, inodore, insapore. Esso è solo moderatamente solubile nell’acqua. Perciò il radon fuoriesce facilmente dall’acqua semplicemente agitandola vigorosamente. Anche nel caso di una sorgente dove l’acqua scaturisce dalla roccia, la maggiore parte del radon si volatilizza velocemente. Il radon è presente in tracce nel sottosuolo quasi ovunque. La sua concentrazione nel terreno varia da qualche centinaio a più di un milione di Bq/m³. Le rocce che hanno un maggiore contenuto d’uranio/radio (tufi, granito e porfido) possono emanare maggiori quantità di radon. Nel caso di rocce permeabili o fratturate il radon può essere trasportato da correnti d’aria o dall’acqua sorgiva o piovana infiltrata. Più il sottosuolo è permeabile (detriti), più è facile che il radon riesca ad arrivare fino in superficie
Il Decreto Legge 69/2023 già pubblicato in Gazzetta Ufficiale ha stanziato 90 milioni di euro contro il radon in casa e 30 milioni di euro per ridurre la concentrazione di radon in aria nelle aree considerate a rischio.
L’istituzione dei 2 fondi, e le attività di prevenzione e definizione delle priorità di intervento che ne seguiranno, rispondono alla procedura di infrazione 2018/2044, che la Commissione Europea ha avviato contro l’Italia per il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nella Direttiva 2013/59/Euratom.
La Direttiva è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo 101/2020, che ha dato alle Regioni 24 mesi per individuare le aree con maggiore concentrazione di radon e decidere in quali zone avviare prioritariamente i programmi di misurazione e riduzione delle concentrazioni.
Secondo la Commissione Europea la Direttiva non è stata recepita nel modo corretto; i Fondi consentiranno quindi alle Regioni di disporre di sufficienti risorse finanziarie per l’adozione degli opportuni provvedimenti.
Radon in aria, 30 milioni di euro fino al 2025
Il primo step è quindi la corretta individuazione delle aree a maggiore rischio di concentrazione, dove bisogna intervenire tempestivamente.
Il decreto istituisce un Fondo da 30 milioni di euro (10 milioni per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025) per assicurare l’individuazione delle aree prioritarie e finanziare i programmi specifici di misurazione della concentrazione media annua di attività di radon in aria.
Radon in casa, 90 milioni di euro fino al 2031
Sulla base dell’individuazione delle aree prioritarie, cioè quelle zone in cui si stima che le concentrazioni superino il livello di riferimento in riferimento ad un numero significativo di edifici, saranno assegnate alle Regioni le risorse di un altro Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2031.
Le risorse saranno destinate a finanziare l’attuazione di interventi di riduzione e prevenzione della concentrazione di radon in casa, in eventuale sinergia con i programmi di risparmio energetico e di qualità dell’aria negli ambienti chiusi.