Il recente decreto-legge Lavoro 48/2023 ha modificato la normativa sui contratti a tempo determinato ampliando le possibilità di utilizzo.
In particolare sono state estese le causali da apporre per una durata fino a 24 mesi, che si conferma limite massimo, comprensivo di proroghe e rinnovi.
E’ stato anche rivisto il metodo di calcolo dei lavoratori in somministrazione concesso in rapporto al totale dei dipendenti.
Ieri il Ministero del Lavoro ha pubblicato sul proprio sito una circolare di chiarimenti che ripercorre le novità e fornisce alcune utili indicazioni. Vediamo le principali.
Contratto a termine: nuove causali e durata
A partire dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del decreto le clausole che consentono una durata superiore ai 12 mesi e/o eventuali proroghe sono in particolare:
• casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e o rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza di specificazioni, contrattuali, oppure
• SOLO per i contratti fino al 30 aprile 2024 l’indicazione di una causale connessa a esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva concordata tra le parti dell’accordo individuale ovvero datore di lavoro e dipendente.
Il ministero spiega che in questo modo si consente “alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi sopra richiamati, le cui previsioni costituiscono fonte privilegiata in questa materia.”
Importante inoltre il chiarimento che “Tale data è da intendersi come riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata, pertanto, potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.”
Il Ministero analizza inoltre il fatto che quest’ultima specifica deroga di un anno, oltre alle causali aziendali individuali, introduce l’azzeramento del computo dei mesi di contratto già svolto.
Quindi per i contratti stipulati a partire dal 5 maggio 2023 non si conteggiano i periodi di lavoro (sia contratti che rinnovi) già intercorsi in precedenza tra il datore di lavoro e lo stesso dipendente.
Resta fermo però il limite massimo di 24 mesi complessivi.
Riguardo invece alle causali indicate dai CCNL per i rapporti oltre i 12 mesi la circolare ricorda che la norma conferma le regole previgenti che affidano il compito di individuare tali casi alla contrattazione, a tutti i livelli, siglata dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative.
Viene anche chiarito un punto dolente della riforma del decreto Lavoro sul fatto che gli accordi individuali previsti per il periodo di 1 anno, fino al 30 aprile 2024 possano entrare in conflitto con le regole generali.
Vengono quindi fornite le seguenti indicazioni:
1. nell’ipotesi in cui nei contratti collettivi sia tuttora presente un mero rinvio alle fattispecie legali di cui al decreto-legge “Dignità” 12 luglio 2018,n. 87, le stesse potranno ritenersi implicitamente superate dalla nuova disciplina per cui si possibilità di ricorso ai contratti collettivi applicati in azienda o, esclusivamente fino al 30 aprile 2024, all’esercizio dell’autonomia delle parti,
2. invece, nel caso in cui nei contratti collettivi sopra citati siano presenti causali introdotte in attuazione del regime di cui al previgente articolo 19, comma 1, lettera b-bis) introdotto dal decreto-legge n. 73 del 2021 -, data la sostanziale identità di tale previsione con le specifiche esigenze previste dai contratti collettivi cui fa riferimento il nuovo articolo 19, comma 1, lett. a), le suddette condizioni potranno continuare a essere utilizzate per il periodo di vigenza del contratto collettivo.
3. Ugualmente, restano utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva (come definita dal più volte richiamato articolo 51 del D.Lgs. n. 81 del 2015) che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina, ormai superata.
Quanto alle esigenze sostitutive, il ministero evidenzia che resta fermo l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete alla base della sostituzione.
Contratti a tempo determinato e contratti di somministrazione
Come ultimo punto vengono riepilogate le novità in materia di somministrazione previste dall’art. 24 comma 1-quater del DL 48/2023
In primo luogo, nel limite del 20% del lavoro a termine non rilevano i lavoratori somministrati assunti dall’agenzia di somministrazione con contratto di apprendistato.
Si escludono espressamente i limiti quantitativi per la somministrazione a tempo indeterminato di alcune categorie di lavoratori, tassativamente individuate, tra cui:
• i soggetti disoccupati che fruiscono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali,
• i lavoratori svantaggiati
ovvero
a) siano privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
b) abbiano un’età compresa tra i 15 e i 24 anni;
c) non possiedano un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o abbiano
completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo
impiego regolarmente retribuito;
d) abbiano superato i 50 anni di età;
e) siano adulti che vivono soli con una o più persone a carico;
f) siano occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera
almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici se il lavoratore interessato
appartiene al genere sottorappresentato;
g) appartengano a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e abbiano la necessità di migliorare la
propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le
prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.
I lavoratori molto svantaggiati che sono i soggetti privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito e quelli che, privi da almeno 12 mesi di un impiego regolarmente retribuito, appartengono a una delle categorie indicate dalle lettere da b) a g) appena richiamate.