In cosa può consistere la ‘significatività’ di un infortunio ai fini dell’applicazione dell’art.29 c.3, l’obbligo di aggiornamento delle misure, l’importanza del monitoraggio degli infortuni: principi ed esempi giurisprudenziali
Come noto, l’art.29 c.3 del D.Lgs.81/08 prevede che “la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità.”
La norma prosegue precisando che, “a seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate” e che, “nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.”
Infine, ai sensi di tale disposizione, “anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.” (Art.29 c.3 D.Lgs.81/08 così come modificato dall’art.13 della Legge n.161/2014.)
Secondo la giurisprudenza, in materia di Documento di Valutazione dei Rischi, la “concezione che di esso si ricava dalla legge” è che “il DVR è uno strumento duttile, suscettibile di essere in ogni momento aggiornato per essere costantemente al passo con le esigenze di prevenzione che si ricavano dalla pratica giornaliera dell’attività lavorativa.” (Cassazione Penale, Sez.IV, 30 agosto 2018 n.39283).
Con una sentenza del mese scorso (Cassazione Penale, Sez.IV, 7 aprile 2022 n.13199), la Corte ha confermato la condanna per il reato di lesioni colpose di F.B. in quanto, “quale vicepresidente ed amministratore delegato della C.E. s.p.a., società datrice di lavoro della dipendente C.T., assunta con mansioni di addetta alla ristorazione all’interno dell’autogrill di …, cagionava per colpa alla predetta lesioni da cui derivava una malattia nel corpo della durata di circa 156 giorni (frattura dello scafoide carpale del polso sinistro, con indebolimento permanente dello stesso) per colpa consistita nella violazione dell’art.29, comma 3, D.Lgs.n.81 del 2008, avendo omesso di rielaborare un nuovo documento per la valutazione dei rischi successivamente alla verificazione di due infortuni sul lavoro aventi modalità, dinamica, luogo di verificazione uguali a quello descritto”.
In particolare, la lavoratrice era scivolata nel punto di passaggio tra l’area del bancone ed il luogo – sito nel retro – ove erano preparate le vivande.
La sentenza specifica che “i due ambienti erano separati da una porta a soffietto e collocati su piani diversi: perciò nel punto di passaggio era stata collocata una rampa dotata di tappetino antiscivolo.”
Ciò premesso, “il tecnico della prevenzione individuava la causa dell’incidente nella perdita di aderenza dovuta anche all’usura del tappetino antiscivolamento per effetto del tempo.”
A ciò si è aggiunto che, “inoltre, la C.T. non indossava scarpe antinfortunistiche, dispositivo menzionato nel DVR elaborato il 5 luglio 2012, in base alla nota integrativa del 15 gennaio 2013, e non previsto nella misura in cui le c.d. “cadute in piano” ovvero le “cadute di oggetti dall’alto” avrebbero rappresentato un pericolo poco rilevante.”
La Corte d’Appello aveva evidenziato i seguenti profili di colpa in capo ad F.B.:
“A) La mancata predisposizione di dispositivi antinfortunistici (calzature antiscivolo). L’esigenza di apposite scarpe è stata ricavata sulla scorta dell’esperienza derivante dai due pregressi analoghi infortuni verificatisi nel medesimo posto.
B) La presenza di un tappetino antisdrucciolo logoro sul luogo del fatto, che aveva contribuito allo scivolamento a terra della persona offesa.
C) L’omesso aggiornamento del DVR, doveroso a seguito dell’infortunio antecedente rispetto a quello oggetto del presente procedimento e l’omessa previsione nel DVR della necessità di rendere disponibili ed operativi i due semplici presidi antinfortunistici.”
La Corte di Cassazione nella sentenza ricorda che l’“art.18, comma primo, lett.d), D.Lgs.9 aprile 2008, n.81”, ai sensi del quale “il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, costituisce un precetto al quale il datore di lavoro è tenuto a conformarsi a prescindere dal fatto che il loro utilizzo sia specificamente contemplato nel documento di valutazione dei rischi di cui all’art.28 dello stesso decreto”.
E “con riferimento al DVR, è altrettanto pacifico che il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare idonee misure di sicurezza anche in relazione a rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi, così sopperendo all’omessa previsione anticipata (Sez.4, n.4075 del 13/01/2021 […]).”
Nel caso di specie la Corte ha confermato la sentenza d’appello, essendo stata dimostrata “la rilevanza causale dell’omessa rielaborazione del DVR, dimostratosi in concreto inefficace, nonostante si fossero verificati già precedentemente due infortuni sul lavoro mediante modalità analoghe.”
L’importanza del“monitoraggio degli infortuni, in specie quelli determinanti lesioni gravi”, ai fini dell’applicazione dell’art.29 c.3 D.Lgs.81/08
Con Cassazione Penale, Sez.IV, 27 febbraio 2013 n.9505, la Corte ha confermato la condanna di G.C., “nella qualità di responsabile della ditta “A.S. spa””, per il reato di lesioni personali colpose (reato commesso nel 2004).
Dall’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello, era emerso che “il G. era sicuramente a conoscenza del fatto che presso lo stabilimento di […], la disattivazione del sistema di sicurezza presente sulle macchine e che avrebbe dovuto impedire il funzionamento della macchina all’apertura del carter – … – aveva già provocato, nell’aprile 2004, un grave infortunio sul lavoro”.
A parere del Giudice d’Appello, era indubitabile “che il verificarsi del primo sinistro qualche mese prima di quello subito dalla G. rappresentava un evento significativo per l’organizzazione aziendale.”
Dopodiché, “il G. non aveva fatto alcunché e si era verificato il secondo infortunio in maniera analoga al primo.”
La Cassazione chiarisce così che “non a caso il D.Lgs.n.81 del 2008, art.29, comma 3 prescrive che “la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata…a seguito di infortuni significativi…”.”
Infatti, “se nel regime previgente il verificarsi di un infortunio non costituiva per il diritto positivo uno dei presupposti dell’obbligo di aggiornamento della valutazione dei rischi (il D.Lgs.n.626 del 1994, art.4, comma 7 menzionava soltanto le modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori), non è mancata la valorizzazione giurisprudenziale della posizione di garanzia attribuita dall’ordinamento al datore di lavoro nei confronti della sicurezza dei lavoratori, sì da ritenere imposto (dal D.Lgs.n.626 del 1994, art.4, comma 5) l’aggiornamento delle misure di prevenzione non solo in presenza di mutamenti organizzativi e produttivi dell’impresa, ma ogni volta che fosse richiesto dagli obiettivi stabiliti dalla disciplina sulla sicurezza del lavoro (Sez.3, n.47234 del 04/11/2005, Carosella, Rv.233191).”
La Cassazione qui fa dunque riferimento al fatto che, già sotto la vigenza dell’ormai abrogato D.Lgs.626/94, la giurisprudenza di legittimità aveva interpretato estensivamente la norma che prevedeva l’obbligo di aggiornamento delle “misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione” (art.4).
Secondo Cassazione Penale, Sez.III, 4 novembre 2005 n.47234 (richiamata dalla pronuncia in commento), infatti, “l’obbligo di aggiornamento previsto dall’art.4 co.5 lett.b) D.L.vo 626/1994 non può ritenersi limitato, come sostiene il ricorrente, solo a “mutamenti organizzativi e produttivi” riguardanti la struttura dell’impresa, ma va valutato sempre in relazione al fondamentale disposto dell’incipit dello cit. art. 5 (“il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute del lavoratore”): in tale prospettiva, si tratta, quindi, di un obbligo assoluto, non essendo neppure ipotizzabile che il legislatore del 1994, nel rendere più rigoroso tutto il sistema normativo concernente la prevenzione infortuni, abbia consentito la permanenza di macchinari pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.”
Tornando a Cassazione Penale, Sez.IV, 27 febbraio 2013 n.9505 (che ha confermato la condanna di G.C.), in conclusione, “in questo quadro il monitoraggio degli infortuni, in specie quelli determinanti lesioni gravi, rappresenta una premessa ineludibile per l’adempimento degli obblighi prevenzionistici (al di là degli scopi per i quali è stato istituito, con D.M. 12 settembre 1958, il cd. registro degli infortuni).”
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