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CARO MATERIALI: IL CONSIGLIO DI STATO RIMETTE IN DISCUSSIONE LE COMPENSAZIONI DEL PRIMO SEMESTRE 2021

02 Ago 2023

Il Consiglio di stato con una recente sentenza, la n. 7359 ha affermato che il Ministero delle Infrastrutture deve rifare i calcoli sul caro materiali relativo al primo semestre 2021.
Si chiude in questo modo definitivamente il caso del ricorso dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) contro il DM 11 novembre 2021, contenente la rilevazione degli aumenti dei materiali edili.

Il ricalcolo potrebbe determinare al rialzo l’entità delle compensazioni a favore di professionisti ed imprese che, impegnati nelle prestazioni per la realizzazione dei lavori pubblici, sono stati messi in difficoltà dall’eccezionale aumento dei prezzi in edilizia.

Caro materiali in edilizia, il caso delle rilevazioni del primo semestre 2021
Per far fronte ai rincari dei prezzi dei materiali edili, l’allora Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) ha adottato il DM 11 novembre 2021 con gli aumenti registrati nel primo semestre 2021. Sulla base di queste rilevazioni, professionisti e imprese possono ottenere le compensazioni del prezzo del contratto inizialmente pattuito, che alla luce degli aumenti registrati dalle materie prime non è più sostenibile.

L’Ance, giudicando inattendibili i calcoli del Ministero, ha presentato ricorso, lamentando uno scostamento eccessivo tra le rilevazioni del Mims e la realtà, e ha ottenuto dal Tar Lazio, con la sentenza 7215/2022, un supplemento istruttorio da parte del Ministero.

Successivamente, il Mims ha chiesto la sospensione della sentenza del Tar Lazio perché il ricalcolo avrebbe danneggiato le imprese in attesa di ricevere le compensazioni. Il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta del Ministero, ha confermato il ricalcolo dei rincari e ordinato che il meccanismo delle compensazioni proseguisse riconoscendo ai professionisti e alle imprese gli importi ai sensi del DM 11 novembre 2021 e, in caso di ricalcolo a loro più favorevole, un conguaglio successivo.

Il Ministero (che nel frattempo ha cambiato denominazione da Mims in Mit) ha quindi fatto ricorso contro la sentenza del Tar Lazio.

Il Mit deve rifare i calcoli sul caro materiali
Il Mit ha illustrato il metodo seguito per stimare il caro materiali relativo al primo semestre 2021. È stato chiesto ai Provveditorati interregionali per le opere pubbliche il prezzo medio in valore assoluto e la variazione percentuale nell’anno di riferimento, rispetto all’anno precedente, per i 56 materiali dell’elenco. Sono stati poi acquisiti i dati da Istat e Unioncamere.

I dati provenienti da queste tre fonti, ha spiegato il Mit, sono stati ridotti ad unità attraverso l’applicazione di un criterio che, negli ultimi anni, si è attestato su quello della media ponderata (attribuendo ai dati di ciascuna fonte un peso diverso a seconda delle rilevazioni fornite o dei materiali monitorati).

Secondo il Mit, il metodo utilizzato è insindacabile perché rientra nella discrezionalità tecnica. Il Mit ha aggiunto che si è rifatto a fonti ufficiali, mentre potrebbe essere pericoloso prendere in considerazioni fonti alternative, come quelle proposte dall’Ance, solo perché rilevano aumenti più favorevoli per le imprese.

L’Ance ha sottolineato che i dati raccolti dai Provveditorati, oltre ad essere errati o incongrui, (come nel caso di serie storiche di prezzi immutati per più anni, risultanti dai dati forniti dall’Emilia Romagna), sono spesso indicati come parziali e lacunosi da parte degli stessi rilevatori, i quali nelle relazioni metodologiche trasmesse al Ministero fanno presente di non aver ricevuto o reperito, in tutto o in parte, i dati richiesti o ricercati.

Il Consiglio di Stato ha spiegato che, nonostante non sia sindacabile la scelta del Mit di usare le 3 fonti di rilevazione ufficiale (Provveditorati, Istat e Unioncamere), privarsi di fonti alternative, utili al controllo del risultato ottenuto, non risponde ai princìpi di ragionevolezza e buona amministrazione.

Secondo i giudici, nel caso in cui il Ministero ottenga dati lacunosi o incompleti utilizzando le fonti ufficiali, le deve colmare anche mediante eventuale ricorso a fonti alternative.

Il Consiglio di Stato ha quindi confermato l’ordine di un supplemento istruttorio durante il quale il Mit dovrà raffrontare i dati ottenuti dalle sue fonti con quelli risultanti da banche dati nazionali o internazionali di riferimento dei singoli materiali.

Anche in questa occasione, i giudici hanno confermato quanto affermato nel 2022: il meccanismo di compensazione non si ferma. In via transitoria continuano ad applicarsi le variazioni già accertate e, in caso di modifica, il Mit erogherà un conguaglio.

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