Segnaliamo la pubblicazione della circolare del Ministero della Transizione Ecologica n.37259 del 12 aprile u.s. recante chiarimenti sui meccanismi per la determinazione delle tariffe alla luce della nuova disciplina sulla classificazione dei rifiuti introdotta dal decreto legislativo 116 del 2020.
Il provvedimento, in vigore dallo scorso gennaio, ha recepito la nuova direttiva quadro europea sui rifiuti ridefinendo il perimetro degli urbani e degli speciali, facendo venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità e confermando la possibilità per le attività commerciali, artigianali e industriali di affidare al mercato i propri rifiuti urbani.
Secondo quanto scrive il Ministero, in virtù della nuova disciplina introdotta dal decreto di recepimento della direttiva Ue la riduzione della quota variabile per le utenze non domestiche che scelgono di affidare al mercato i propri rifiuti urbani “deve essere riferita a qualunque processo di recupero” e non solo al riciclo, come prevedeva l’originale disciplina Tari, e “l’attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di avvio a recupero dei rifiuti è pertanto sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della Tari in rapporto alla quantità di detti rifiuti, a prescindere dalla quantità degli scarti prodotti nel processo di recupero”. Resta però dovuto, specifica la circolare, il versamento della quota fissa della tariffa.
Il Ministero chiarisce poi che ai fini del prelievo vengono considerate produttrici, sia di rifiuti urbani, che di rifiuti speciali anche le attività industriali e artigianali, ma per entrambe sono escluse dal calcolo della Tari “le superfici dove avviene la lavorazione industriale” e “i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di attività produttive di rifiuti speciali”, mentre “continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, per le superfici produttive di rifiuti urbani, come, ad esempio, mense, uffici, servizi, depositi o magazzini”.
Quanto ai vincoli temporali, la circolare conferma i termini introdotti dal Decreto Legge “Sostegni”, che ha fissato al 31 maggio di ciascun anno la scadenza per la comunicazione al comune o al gestore d’ambito della volontà di fuoriuscire dal servizio pubblico da parte delle utenze non domestiche, chiarendo che “limitatamente al 2021” resta fissato al 30 giugno il termine ultimo per l’approvazione dei regolamenti Tari da parte dei comuni.
La comunicazione del Ministero affronta anche uno degli aspetti più controversi della nuova disciplina introdotta dal d.lgs. 116, finito addirittura nel mirino dell’antitrust, quello del vincolo di 5 anni che le utenze non domestiche sarebbero tenute a rispettare per l’affidamento dei propri rifiuti urbani al mercato o al servizio pubblico. Una previsione che solo qualche giorno fa, nella propria relazione annuale, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva bollato come “discriminatoria per i gestori privati”. Censura alla quale il Ministero sembra rispondere chiarendo che “detta indicazione temporale non rileva ai fini dell’affidamento del servizio da parte dell’utenza non domestica che, infatti, potrà, nel corso dei suddetti cinque anni cambiare operatore privato, in relazione all’andamento del mercato”.