La descrizione aspecifica degli elementi indicati in fattura, soprattutto se di importo rilevante, senza alcun riferimento puntuale, inerente e certo, sia come beni, sia come servizi, possono essere ritenuti indeducibili da parte dell’amministrazione finanziaria, facendo quindi sorgere un illecito che può sconfinare anche nel reato penale.
1) I dati formali e sostanziali della fattura generica
La fattura è un documento fiscale che viene emesso da un soggetto che effettua una prestazione come la cessione di beni oppure l’erogazione di servizi, formalizzando l’avvenuta operazione ai fini contabili e tributari. È disciplinata dall’art.21 del D.P.R. 633/1972 modificato a sua volta a seguito dell’introduzione della fattura elettronica.
L’art. 21 D.P.R. 633/1972 al c.2 definisce in maniera esaustiva tutti gli elementi che lo stesso documento deve contenere:
• data emissione
• numero progressivo che la identifichi in maniera univoca,
• dati identificati del prestatore o del cessionario,
• dati del soggetto destinatario, partita IVA, etc.
Al di là dei requisiti formali, un elemento importante e che spesso è oggetto di contestazione da parte degli organi di controllo (GdF e AdE) è l’aspetto relativo alla natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione, (punto g del c. 2 DPR 633/1972).
Per la cessione dei beni, i requisiti relativi alla loro identificazione in tutti gli aspetti è più difficile da generalizzare, mentre sono oggetto di contestazione le fatture ritenute prive dei requisiti di certezza, inerenza e competenza, oltre alla mancata indicazione del documento di trasporto che eventualmente lo ha preceduto.
Per le prestazioni di servizi, invece, è la tipologia dell’oggetto della prestazione che, più facilmente, può dar luogo a verifiche da parte degli organi controllo.
La normativa europea con la Dir.2006/112/E ha ampliato le informazioni complementari che il soggetto passivo può produrre come documentazione a supporto, inserendo anche tutti i documenti (messaggi, e-mail) che modificano e che fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale.
D’altro canto è il contribuente, su cui grava l’onere della prova, che sarà tenuto ad esibire tutta una serie di documentazione a supporto che comprovi la natura dei costi, che ne permetta la deduzione del costo dal reddito d’impresa e che renda possibile fruire del diritto alla detrazione dell’IVA.
La documentazione da fornire può essere anche successiva alla data dell’emissione della fattura, in caso di valutazione da parte dell’amministrazione finanziaria.
Tuttavia bisogna comunque ricordare che la documentazione a supporto che si produce al fine di dimostrare se la prestazione contenuta nella fattura dia sia il diritto alla detraibilità dell’imposta, sia alla sua deducibilità in Conto Economico, non sempre è adatta a dimostrare la fattibilità di entrambi gli aspetti.
Infatti è possibile che alcuni costi per i quali è stata emessa fattura siano accettabili ai fini fiscali (IVA), ma non ai fini contabili.
Per la deducibilità dei costi, la sola corretta contabilizzazione non è sufficiente a dimostrarla. Ricordiamo che il costo deve essere inerente alla produzione e avere una sua coerenza economica: questi sono gli elementi importanti che i documenti di supporto, devono avere.
La Corte di Cassazione con la sentenza (n° 10274/2020) ha confermato che la produzione documentale “può essere al più idonea a dimostrare la regolarità formale della fattura oggetto di lite, ma non può condurre, a ritenere rispettato il precetto dell’articolo 109 Tuir”, pertanto, per la deducibilità del costo in contabilità, il contribuente deve dimostrare la corretta inerenza, ossia la ragione e la coerenza economica del costo sostenuto.