E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 17 gennaio 2022 la legge “europea” n. 238/2021. Si tratta di norme di recepimento della normativa comunitaria e di adeguamento per sanare procedure di infrazione su aspetti delle leggi italiane che si discostavano dalle direttive UE.
Nei primi articoli sono contenute disposizioni in tema di diritto dei lavoratori alla non discriminazione, di prestazioni sociali a cittadini extracomunitari, di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali, di validità dei tirocini svolti all’estero.
Vediamo nei paragrafi che seguono maggiori dettagli.
1) Legge europea e libera circolazione dei lavoratori
L’articolo 1 interviene sulla normativa vigente (D.Lgs 216/2003) per contrastare le discriminazioni basate sulla nazionalità dei lavoratori recependo la direttiva n. 2014/54/UE1 sull’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione. In particolare, le disposizioni attribuiscono espressamente all’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali (UNAR) il compito di occuparsi della promozione della parità di trattamento e della rimozione delle discriminazioni, fondate anche sulla nazionalità.
Si prevede anche l’integrazione di ulteriori 3 unità del contingente di personale di UNAR.
2) Prestazioni sociali a cittadini di paesi terzi
Articolo 2, Disposizioni relative alle prestazioni sociali accessibili ai cittadini di Paesi terzi titolari di alcune categorie di permessi di soggiorno per lavoro, studio e ricerca. L’articolo intende sanare con la rivisitazione della normativa vigente una procedura d’infrazione (2019/2100) avviata dalla Commissione europea per non corretto recepimento di disposizione della direttiva 2011/98/UE.
Le misure intendono arrivare a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consenta ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro.
Secondo la commissione, infatti, l’attuale Testo unico dell’immigrazione con l’articolo 41, in tema di “assistenza sociale” non ha recepito adeguatamente i principi comunitari in quanto la normativa europea non richiede una durata minima del soggiorno ai fini delle prestazioni di “sicurezza sociale”. Quindi vengono previste le modifiche che seguono:
• l’espressione “carta di soggiorno” è sostituita con: “permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo”;
• per quanto concerne i minori, si fa riferimento alla loro diretta titolarità del permesso di soggiorno così che anche se di età inferiore a quattordici anni, il minore sia il titolare del permesso di soggiorno (senza più la sua iscrizione nel permesso di soggiorno genitoriale);
• nel comma 1 dell’articolo 41 del Testo unico si precisa che il limite di durata di un anno del permesso di soggiorno dello straniero valga per permessi di soggiorni diversi da quelli oggetti dei nuovi commi 1-bis e 1-ter;
• il nuovo comma 1-bis dispone la equiparazione ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle prestazioni di una triplice categoria di stranieri:
– i titolari di permesso unico lavoro;
– i titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio, i quali svolgano un’attività lavorativa o l’abbiano svolta per un periodo non inferiore a sei mesi e abbiano dichiarato la loro immediata disponibilità allo svolgimento della stessa ai sensi dell’articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150;
– i titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca.
In sostanza ai fini della fruizione delle prestazioni familiari sono ora equiparati ai cittadini italiani gli stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, nonché gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca, autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a 6 mesi. Da notare che il D.Lgs 230/2021 sull’assegno unico universale per i figli, ha previsto tra i requisiti il possesso da parte del cittadino extracomunitario del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo (la vecchia carta di soggiorno), ovvero del permesso unico di lavoro per periodo superiore a 6 mesi, ovvero del permesso di soggiorno per motivi di ricerca per un periodo superiore a 6 mesi.
3) Articolo 4, riconoscimento delle qualifiche professionali e tirocini
L’articolo 4 reca disposizioni in materia di libera circolazione dei lavoratori intervenendo sul decreto legislativo n. 206 del 2007, recante attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Come specificato nella relazione illustrativa, le modifiche si sono rese necessarie in seguito alle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione n. 2018/2295.
Con le novità si intende:
• ricomprendere nell’ambito di applicazione della normativa interna sul riconoscimento delle qualifiche, i tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionale, non più solo dai cittadini italiani, ma anche dai cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea residenti in Italia.
• In riferimento alla procedura di infrazione n. 2018/2295 l’art. 4 interviene sull’articolo 9 del decreto legislativo n. 206/2007, in materia di libera prestazione di servizi e prestazioni occasionali e temporanee. In particolare:
– modifica il comma 1 per cui anche nel nostro ordinamento si instaura il divieto di esigere da un prestatore di servizio in via temporanea e occasionale un anno di esercizio della professione nello Stato d’origine, nel caso in cui la professione sia regolamentata nello Stato membro di stabilimento. La direttiva infatti stabilisce i casi in cui gli Stati membri non possono limitare, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi in un altro Stato membro.
Inoltre modifica il comma 1-bis dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 206/2007, al fine di ridefinire l’ambito di applicazione del decreto stesso e prevede che:
• nell’ambito della normativa interna sul riconoscimento delle qualifiche, sono riconosciuti i tirocini professionali effettuati al di fuori del territorio nazionale, non più solo dai cittadini italiani, ma anche dai cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea residenti in Italia. Il fatto che solo i cittadini italiani possano beneficiare del riconoscimento del tirocinio professionale effettuato al di fuori dell’Italia ai fini dell’accesso ad una professione, equivale secondo la Commissione ad una discriminazione degli altri cittadini dell’UE in base alla nazionalità, vietata dall’art. 49 del TFUE.
• riguardo la verifica del carattere temporaneo ed occasionale dei servizi prestati sul territorio nazionale, la possibilità di effettuare controlli viene limitata ai soli casi in cui sussistano “motivati dubbi” e viene eliminata la possibilità di richiedere ai prestatori, una volta l’anno, informazioni sui servizi effettivamente forniti sul territorio italiano.
• Infine si interviene limitando l’ambito applicativo alle norme direttamente connesse alle qualifiche professionali: la Direttiva, all’articolo 5, par. 3 specifica che in caso di spostamento, il prestatore è soggetto a norme professionali, di carattere professionale, legale o amministrativo, direttamente connesse alle qualifiche professionali, quali la definizione della professione, l’uso dei titoli e gravi errori professionali connessi direttamente e specificamente alla tutela e sicurezza dei consumatori, nonché le disposizioni disciplinari applicabili nello Stato membro ospitante ai professionisti che vi esercitano la stessa professione.
4) Riconoscimento professioni sanitarie
L’articolo 4 apporta alcune modifiche al decreto legislativo n. 206/2007 di attuazione della normativa comunitaria sul riconoscimento di alcune qualifiche professionali.