Con Decreto legislativo n. 198/2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.285 del 30 novembre 2021, è stata data attuazione alla Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese della filiera agricola e alimentare, secondo i principi e i criteri direttivi previsti all’art. 7 della legge di delegazione europea n. 53/2021. La nuova normativa ha sancito il superamento dell’articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n 27, e delle norme ad esso collegate.
Il decreto ha ad oggetto il contrasto alle pratiche commerciali sleali nelle relazioni B2B tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari, definendo le pratiche vietate, in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza, imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte.
La nuova disciplina, applicabile alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari eseguite da fornitori stabiliti sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatturato, e con esclusione delle cessioni concluse direttamente tra fornitori e consumatori, introduce un regime di norme imperative che prevalgono su eventuali discipline di settore con esse contrastanti, qualunque sia la legge applicabile al contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari.
Tra le previsioni inderogabili vi è quella per la quale i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari devono essere obbligatoriamente conclusi mediante atto scritto stipulato prima della consegna ed indicante la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto oggetto di cessione, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento.
Tra le pratiche commerciali vietate vi sono:
• il mancato rispetto dei termini di pagamento (rispettivamente 30 giorni per i beni deperibili e 60 per quelli non deperibili, successivi alla consegna o al termine stabilito per la consegna, a seconda di quale delle due date sia successiva); in questi casi il creditore ha diritto inderogabilmente agli interessi legali di mora maggiorati di quattro punti a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine;
• l’annullamento di ordini per prodotti deperibili con un preavviso inferiore a 30 giorni;
• la modifica unilaterale delle condizioni di acquisto quanto a luogo, tempi e modalità;
• della fornitura, quantitativi, termini di pagamento e prestazioni accessorie;
• l’addebito al fornitore della responsabilità per il deterioramento dei prodotti quando tale deterioramento non sia stato causato da colpa o negligenza del fornitore stesso;
• l’acquisizione, l’utilizzo o la divulgazione illecita, da parte dell’acquirente o di soggetti facenti parte della medesima centrale o gruppo d’acquisto dell’acquirente, di segreti commerciali del fornitore ai sensi del decreto legislativo n. 63/2018 che ha recepito la Direttiva (UE) 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti;
• le minacce di ritorsioni e le richieste di risarcimento da parte dell’acquirente per i costi sostenuti per l’esame dei reclami clienti.
Altre pratiche commerciali vietate, salvo che siano state concordate nel contratto di cessione o in accordo quadro in termini chiari ed univoci, riguardano le richieste al fornitore di restituzione di beni invenduti senza corresponsione di pagamento per gli stessi o per il loro smaltimento, di farsi carico dei costi di pubblicità, marketing, scontistica e del personale impiegato per organizzare gli spazi di vendita dei prodotti del fornitore.
Il decreto prevede anche la disciplina sanzionatoria, che è particolarmente severa. I dettagli delle sanzioni sono elencati nell’Art. 10 del Decreto.
Capitolo 2 – le modifiche
Il 21 maggio 2022, giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, è entrata in vigore in Italia la Legge 51/2022 che ha apportato le prime modifiche al Decreto Legislativo 8 D.lgs) 198/2021 sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare.
Il Decreto Legislativo 198/2021 rappresenta la normativa italiana di recepimento della direttiva comunitaria 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nell’ambito della filiera agro-alimentare ed è entrato in vigore il 15 dicembre 2021.
La Legge 51/2022, che costituisce la conversione in legge, previe modificazioni, del Decreto Legge del 21 marzo 2022 n.21, emanato al fine di introdurre misure atte a contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina, tramite articolo 19-ter “Disposizioni per il sostegno l’agro-alimentare” ha previsto una integrazione delle definizioni fornite dall’articolo 2 del Decreto Legislativo 198/2021.
Con specifico riferimento ai prodotti agricoli e alimentari deperibili, il legislatore ha deciso di ricomprendere nel novero di tali alimenti anche i prodotti a base di carne che presentino una tra le seguenti caratteristiche fisico-chimiche: aw superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure aw superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5.
Questa inclusione di detti prodotti a base di carne tra i prodotti deperibili ha rilevanti ricadute pratiche, in quanto il Decreto 198/2021 stabilisce diversi termini di pagamento a seconda che i prodotti oggetto delle cessioni siano prodotti agricoli e alimentari deperibili o non deperibili: dall’entrata in vigore della Legge, il pagamento per i prodotti con le caratteristiche di cui sopra dovrà avvenire entro 30 giorni dalla data di consegna o, in alternativa, entro 30 dalla data in cui è stabilito l’importo da corrispondere, a seconda di quale delle due date sia successiva.
Ma le modifiche apportate al Decreto Legislativo in materie di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare non finiscono qui.
Sempre l’articolo 19 ter della Legge 51/2022 ha modificato l’articolo l’art. 4 del D. Lgs. 198/2021, introducendo il comma 5 bis ed estendendo la disciplina dei termini di pagamento dei corrispettivi per la cessione dei prodotti agricoli e alimentari deperibili anche ai prodotti preconfezionati con data di scadenza o termine minimo di conservazione non superiore a 60 giorni; ai prodotti sfusi, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a 60 giorni; ai prodotti a base di carne di cui sopra e, infine, a tutti i tipi di latte.
Questo intervento legislativo, che certamente ha portato maggiore chiarezza nell’interpretazione delle norme del Decreto, non risolve però molti dei dubbi che l’entrata in vigore della normativa ha ingenerato tanto negli operatori economici, quanto nei giuristi che si scontrano con disposizioni spesso oscure.