Nell’Eurozona consumi energetici in calo del 4%, emissioni CO2 del 9%
La fase di debolezza delle economie dell’area euro è continuata anche nel terzo trimestre dell’anno, con una flessione del PIL dello 0,1% rispetto al trimestre precedente (mentre la variazione è marginalmente positiva rispetto al III trimestre del 2022). A frenare la crescita dell’economia è stata ancora la flessione dell’attività manifatturiera.
I consumi di energia dell’area euro sono stimati in calo di oltre il 4% nel III trimestre, di circa il 5% nei primi nove mesi dell’anno, a causa della forte contrazione dei consumi di carbone (-35% nel III trimestre, -25% nei primi nove mesi), al nuovo calo della domanda di gas naturale (-5% nel III trimestre, -10% nei nove mesi) e alla seconda variazione negativa consecutiva dei consumi di petrolio (-3% nel III trimestre, che porta in territorio marginalmente negativo il dato dei primi nove mesi).
Contrazione significativamente più marcata è stimata per le emissioni di CO2: circa -9% nel III trimestre, -8% nei primi 9 mesi.
In Italia energia primaria in calo marginale nel III trimestre, ma stimata in flessione di circa il 3% nell’intero 2023. Torna a contrarsi il carbone (-40% circa), ancora in calo il gas naturale e il petrolio, in deciso aumento le rinnovabili.
In Italia il PIL è risultato stazionario nel III trimestre (sia sul trimestre precedente sia sul 2022), dopo il -0,4% congiunturale del II trimestre, per la persistente debolezza dell’attività manifatturiera (al sesto calo trimestrale consecutivo), penalizzata dall’economia tedesca ormai in recessione tecnica e da prezzi dell’energia che nonostante il netto calo restano su valori storicamente elevati.
La variazione dei consumi di energia primaria (-0,3% rispetto al III trimestre 2022, dati ancora parziali) è stimata coerente con quella del PIL e ampiamente inferiore alla contrazione della produzione industriale. Nell’ultimo trimestre è tornato dunque ad annullarsi il disaccoppiamento fra la dinamica della domanda di energia italiana e quella dei suoi principali driver (PIL, produzione industriale, clima). Nei primi nove mesi dell’anno il calo cumulato dei consumi di energia primaria è stimato pari a circa il 4%. Per l’intero 2023 la stima preliminare indica un calo dell’ordine del 3%.
In termini di fonti, nel III trimestre la marginale flessione dei consumi di energia è la risultante del calo delle fonti fossili per circa 1,5 Mtep (-40% l’utilizzo del carbone, -3% petrolio e gas) e dell’aumento delle rinnovabili per un valore di poco inferiore a 1,5 Mtep (+20% anno su anno, grazie soprattutto alla ripresa dell’idroelettrica). Nell’insieme dei primi nove mesi, primo driver del calo dei consumi di circa 4,5 Mtep è ancora il gas (-5,5 Mtep), seguito da carbone (-1,3 Mtep; dati parziali) e petrolio (-0,6 Mtep), mentre aumenti significativi hanno registrato rinnovabili elettriche (+1,9 Mtep, +10%) e import netto di elettricità (+1 Mtep).
In termini di settori, il marginale calo della domanda nel III trimestre è dovuto al calo dei consumi elettrici di industria e civile, in coerenza con produzione industriale e PIL.
Emissioni di CO2 in decisa flessione (-8% nel III trimestre e dello stesso ordine nell’intero 2023). Ne beneficia l’indice della transizione energetica ISPRED, al secondo aumento consecutivo
Per il quarto trimestre consecutivo le emissioni di CO2 hanno registrato una netta contrazione nel III trimestre (-8% circa rispetto a un anno prima) grazie al fatto che il calo dei consumi energetici si è concentrato su carbone e gas naturale. Anche per l’intero 2023 si stima un calo dell’ordine del 8%.
Come già nel II trimestre dell’anno, anche nel III trimestre 2023 il calo delle emissioni è stato determinato per la gran parte dai settori ETS, generazione elettrica in primis (-15% rispetto a un anno prima), mentre nei settori non-ETS si stima una flessione inferiore al 2%.
L’indice sintetico della transizione energetica ISPRED (Indice Sicurezza energetica PRezzi Energia Decarbonizzazione) ha registrato nel III trimestre una nuova variazione positiva (+48% rispetto al minimo della serie storica del III trimestre 2022). Il miglioramento sul trimestre precedente è ancora legato al miglioramento delle componenti Decarbonizzazione e Prezzi.
Lato decarbonizzazione il miglioramento dell’ISPRED è legato al forte calo delle emissioni dei settori ETS, derivante dal drastico calo dei consumi di carbone, principalmente nella termoelettrica (10,7 TWh la generazione da carbone nei primi nove mesi 2023, contro i 15,2 del 2022). Si registra anche l’aumento della quota di FER sui consumi finali, che porta a proiettare questo indicatore al 20,5% circa, oltre il massimo storico del 2020. Questo non basta però ad avvicinare la traiettoria in atto a quella coerente con il nuovo target del 40% al 2030.
Anche la componente dello SPRED relativa ai prezzi dell’energia registra un miglioramento, legato alla decisa flessione dei prezzi di gas ed elettricità, che si confrontano però con i livelli record della seconda metà del 2022. Secondo i dati Eurostat, per le utenze non domestiche nel primo semestre 2023 le imprese italiane continuano comunque a pagare la fornitura di energia elettrica circa il 30% in più della media dell’Unione Europea.
Lato Sicurezza energetica, sul mercato petrolifero gli embarghi occidentali al gas russo hanno portato a una veloce e completa riorganizzazione dei flussi, che hanno permesso in Europa e in Italia il sostanziale azzeramento delle importazioni di greggio e prodotti russi, sebbene con tensioni che permangono in particolare sul mercato dei distillati medi.
Nel caso del gas, invece, nonostante il livello record di riempimento degli stoccaggi europei, nel prossimo inverno il soddisfacimento della domanda resta legato al persistere di punte di domanda ampiamente inferiori ai massimi. Nei primi dieci mesi del 2023, infatti, il drastico crollo delle importazioni di gas russo (la cui media giornaliera è scesa a 8 mln di m3, contro i 77 del 2021) è stato compensato da aumenti significativi di tutte le altre fonti di approvvigionamento (+16 mln di m3/g il GNL nel 2023 rispetto al 2021, +14 mln di m3/g il gas dal Nord Europa, +8 mln di m3/g il gas algerino e azero), ma il fattore più importante è stato il netto calo della domanda, la cui media giornaliera si è ridotta di ben 30 mln di m3 (da 198 mln di m3/giorno a 168, -15%) nei primi dieci mesi 2023 rispetto agli stessi mesi del 2021.
Infine, nel sistema elettrico, il III trimestre dell’anno, come già i precedenti, ha visto un nuovo calo della produzione termoelettrica e nuovi massimi storici per l’incidenza delle FRNP, su base trimestrale, mensile, oraria, con la conseguente prevista accentuazione delle situazioni potenzialmente problematiche per la sicurezza elettrica. Ma un dato notevole (in positivo) del 2023 è il drastico calo dei costi sostenuti da Terna per i servizi approvvigionati sul Mercato dei Servizi per il Dispacciamento, scesi stabilmente al di sotto di 1 €/MWh, a fronte di una media 2016-2021 di 8 €/MWh, grazie a una serie di azioni introdotte da Terna a partire dal 2022.
Altro aspetto di criticità della transizione italiana resta la performance del sistema economico nel campo delle tecnologie chiave per la decarbonizzazione. Con riferimento ai saldi commerciali dei prodotti low-carbon, nel primo semestre 2023 il deficit ha superato i 3 miliari di euro, pari a quasi l’80% del deficit registrato nell’intero 2022, con il peso del saldo commerciale sul PIL che si colloca allo 0,32% (era allo 0,2% nel 2022). A pesare sono soprattutto le importazioni di accumulatori agli ioni di litio, pannelli fotovoltaici e veicoli ibridi plug-in. Con riferimento alla capacità innovativa, dai più recenti dati di brevetto emerge come anche la tenuta competitiva dell’Italia nelle tecnologie per l’efficienza energetica presenti alcuni rischi. A fronte di una crescita della competizione tecnologica tra paesi a livello mondiale, e una rapida avanzata dell’area asiatica, l’Italia presenta infatti sia punti di forza che di debolezza: il vantaggio tecnologico del paese risulta assai consolidato nell’edilizia (con valori dell’indice di specializzazione stabilmente superiori a 1,3 nel corso dell’ultimo ventennio), ma tende a declinare nell’industria, presentando negli ultimi anni valori appena intorno all’unità. Considerata la vocazione industriale dell’economia italiana, tale andamento risulta particolarmente critico soprattutto nel confronto con la Germania, che registra corrispondentemente un incremento degli indici di specializzazione, riportando valori superiori a 1,5 negli anni più recenti.